Un allarmante bilancio di esecuzioni in Iran
L’Ong Iran Human Rights (Ihrngo) ha diffuso un rapporto allarmante che rivela l’esecuzione di almeno 300 persone nelle prigioni iraniane nei primi sette mesi del 2024. Tra le vittime si contano 5 donne, 42 persone di etnia baluci, 20 curdi e 20 cittadini afghani. La maggior parte delle esecuzioni, ben 172, sono state effettuate per reati legati alla droga.
Il rapporto sottolinea un’escalation delle esecuzioni a partire da luglio, con almeno 49 persone giustiziate in quel mese, di cui 36 negli ultimi 11 giorni. Questo aumento segue un periodo di relativo calo delle esecuzioni dopo la morte di Ebrahim Raisi e le elezioni presidenziali del maggio 2023.
Preoccupazione per una nuova ondata di esecuzioni
L’Ihrngo esprime profonda preoccupazione per una nuova ondata di esecuzioni che potrebbe colpire attivisti civili curdi e prigionieri nel braccio della morte per reati di droga nelle prossime settimane e nei prossimi mesi. Il direttore dell’organizzazione, Mahmood Amiry-Moghaddam, ha sottolineato che l’unico modo per prevenire questa ondata di esecuzioni è aumentare la pressione politica attraverso proteste della società civile e pressioni internazionali.
L’appello dell’Ihrngo alla comunità internazionale
L’Ihrngo chiede alla comunità internazionale e all’opinione pubblica di prestare particolare attenzione alle esecuzioni nelle carceri iraniane. L’organizzazione sollecita un’azione immediata per fermare questa ondata di esecuzioni e per garantire il rispetto dei diritti umani in Iran. L’appello dell’Ihrngo si unisce alle voci di altre organizzazioni internazionali che denunciano le violazioni dei diritti umani in Iran.
La necessità di una risposta internazionale
La notizia di queste esecuzioni è allarmante e richiede una risposta immediata da parte della comunità internazionale. Il rispetto dei diritti umani è un principio fondamentale che deve essere difeso in ogni parte del mondo. La pressione internazionale può essere uno strumento efficace per indurre il governo iraniano a riconsiderare la sua politica di esecuzioni e a garantire un processo giudiziario equo e trasparente.