Il ricorso in appello
La Procura di Genova ha presentato ricorso in appello contro la sentenza del tribunale di Genova che ha assolto 14 ultrà rossoblù per le presunte estorsioni al Genoa. I pm Francesca Rombolà e Giancarlo Vona, insieme all’aggiunto Francesco Pinto, hanno studiato le 182 pagine di motivazioni dell’assoluzione e hanno deciso di ricorrere in secondo grado solo per una parte degli imputati e solo per alcuni dei numerosi capi di imputazione contestati in primo grado. Il ricorso riguarda gli imputati Massimo Leopizzi, Artur Marashi, Fabrizio Fileni, Paolo Taccone, Davide Traverso, Piermarco Pellizzari, Nicolò Garibotto e Fabio Donato. Dal ricorso sono stati esclusi i reati tributari.
Le accuse contro gli imputati
Per sei degli otto imputati resta l’accusa dell’associazione per delinquere finalizzata a commettere una serie di reati come la violenza privata, le lesioni e il lancio di oggetti pericolosi. Secondo l’accusa, ai vertici dell’associazione ci sarebbero Leopizzi e Maraschi, che avrebbero alimentato un “clima intimidatorio e di pressione” nei confronti dell’allora presidente Enrico Preziosi, della società e dei giocatori, garantendo la “pace del tifo” in cambio di denaro.
Considerazioni
La decisione della Procura di Genova di ricorrere in appello contro l’assoluzione degli ultrà rossoblù solleva importanti questioni in merito al ruolo dei tifosi nel calcio e alla gestione della sicurezza negli stadi. È fondamentale che la giustizia faccia il suo corso e che venga accertata la verità su quanto accaduto. Al contempo, è importante evitare che le accuse contro gli ultrà si trasformino in un attacco generalizzato al mondo del tifo organizzato, che in molti casi svolge un ruolo positivo nel sostenere le proprie squadre e nel creare un clima di festa e di passione intorno al calcio.