La sentenza del tribunale
Il tribunale per i minori di Roma ha condannato a 20 anni di carcere il giovane di origini cingalesi che ha ucciso Michelle Causo nel giugno dello scorso anno. La sentenza, emessa dopo un’udienza in cui l’imputato ha confessato l’omicidio ma ha negato la premeditazione, ha recepito l’impianto accusatorio della Procura. Il ragazzo, che all’epoca dei fatti aveva 17 anni come la vittima, ha scelto di essere giudicato con il rito abbreviato, che consente uno sconto di pena. La madre di Michelle, presente in aula al momento della lettura del dispositivo, ha commentato: “Con questa sentenza riusciamo un pochino a dare giustizia a Michelle. È la prima volta che un minore prende 20 anni, ma se li merita tutti. Adesso andiamo avanti, ho un altro figlio e mi dovrò dedicare completamente a lui.”
Le aggravanti e la dinamica del delitto
Le aggravanti che hanno portato alla condanna sono legate al tentativo di sbarazzarsi del cadavere, infilandolo in una sacca nera dell’immondizia. L’aggressione è avvenuta in un appartamento di via Dusmet. Il minore, nel tentativo di occultare il corpo, non ha ripulito la scena del crimine, lasciando tracce di sangue ovunque, dall’androne del palazzo fino all’appartamento. L’esame autoptico ha confermato il quadro drammatico emerso subito dopo il ritrovamento del cadavere. Tra i ragazzi si è consumata una discussione accesa con urla, percepite dai vicini, seguita dall’aggressione. Le ferite riscontrate sul corpo della ragazza indicano che il giovane l’ha colpita con un coltello da cucina, sferrando un primo fendente alla schiena e poi almeno altri cinque colpi sul resto del corpo. Un vero e proprio massacro che si è consumato in pochi minuti. Dopo il delitto, il ragazzo, in stato di alterazione dovuto all’assunzione di alcol e droga, ha tentato di lasciare il corpo lontano dal luogo dell’aggressione, la casa dove viveva. La madre, infermiera di origini cingalesi, era fuori al momento del delitto, mentre il padre si trovava in Sri Lanka.
Le ricerche online e la perizia psichiatrica
L’imputato ha ammesso di aver effettuato una ricerca su internet il giorno prima dell’omicidio su “come sferrare colpi letali”, ma ha sostenuto di averlo fatto perché doveva recarsi in una zona isolata e voleva capire come comportarsi in caso di eventuali attacchi. In base ad una perizia psichiatrica disposta dal tribunale, l’imputato era, comunque, capace di intendere e di volere al momento del fatto.
La scoperta della droga e la versione del giovane
Nel corso di una perquisizione nell’appartamento dove madre e figlio si erano trasferiti da poco, è stata trovata della droga, sostanze utilizzate per produrre mix di stupefacenti sintetici. Nell’udienza del 29 maggio scorso, l’imputato ha fornito la sua versione di quanto accaduto, affermando di aver aggredito la ragazza con una prima coltellata perché si era sentito offeso da alcune affermazioni fatte da lei.
Riflessioni sulla sentenza
La sentenza del tribunale, che ha inflitto 20 anni di carcere al giovane killer, è un monito sulla gravità del reato commesso e sulla necessità di dare giustizia alla vittima e alla sua famiglia. La condanna, pur non potendo riportare in vita Michelle Causo, rappresenta un passo importante per la giustizia e per la società. È fondamentale riflettere sulle cause che hanno portato a questa tragedia e sulle misure che possono essere adottate per prevenire simili eventi in futuro.