L’accusa di false attestazioni
Riccardo Bossi, primogenito del fondatore della Lega Umberto Bossi, si troverà ad affrontare il Gup del tribunale di Busto Arsizio (Varese) il prossimo 15 ottobre. Il motivo? Rispondere dell’accusa di false attestazioni relative al reddito di cittadinanza.
Secondo il pm Nadia Calcaterra, che ha concluso le indagini e richiesto il rinvio a giudizio, Bossi jr avrebbe percepito indebitamente il reddito di cittadinanza per un periodo compreso tra il 2020 e il 2023. Le indagini hanno evidenziato che Bossi avrebbe incassato 280 euro per 43 mensilità, per un totale di circa 12mila euro. L’erogazione del sussidio era legata al canone di locazione di un appartamento, ma al momento degli accertamenti, Bossi risultava sfrattato da un anno per morosità.
Un passato giudiziario non privo di precedenti
Questa non è la prima volta che Riccardo Bossi si trova coinvolto in vicende giudiziarie. Nel 2020 è stato denunciato per non aver saldato il conto di una cena a base di champagne in un noto ristorante milanese. Nel 2014 è stato condannato per il mancato pagamento di un conto presso una gioielleria di Busto Arsizio, dove aveva acquistato un orologio e altri monili d’oro. Nel 2017, infine, è stato condannato dal tribunale di Varese per non aver saldato i conti relativi a lavori eseguiti in casa e alla manutenzione della sua auto.
Un caso che solleva interrogativi
La vicenda di Riccardo Bossi solleva interrogativi sulla gestione del reddito di cittadinanza e sulla verifica dei requisiti dei beneficiari. Il caso evidenzia la necessità di controlli più stringenti per evitare abusi e garantire l’effettiva destinazione del sussidio a chi ne ha realmente bisogno.