Un colletto bianco della camorra in fuga
Il 18 luglio arriva nelle sale cinematografiche “Glory Hole”, il nuovo film diretto da Romano Montesarchio e interpretato da Francesco Di Leva nei panni di Silvestro, un uomo di camorra che ricopre un ruolo di colletto bianco. La pellicola, prodotta da Bronx Film, Minerva Pictures, Partenope Pictures Entertainment ed Eskimo in collaborazione con Rai Cinema e distribuita da Altre Storie con Minerva, è stata realizzata con la partecipazione del recentemente scomparso Gaetano Di Vaio, che nel film interpreta il ruolo del boss e produttore insieme a Giovanna Crispino e Dario Formisano.
La trama ruota attorno all’incontro fatale tra Silvestro e Alba (Mariacarla Casillo), figlia del boss per cui lavora. L’amore per Alba, una bellezza pura che Silvestro si sente incapace di gestire, lo spinge a compiere un atto irreparabile. Per salvarsi, l’uomo trova rifugio in un bunker sotterraneo con l’aiuto di un prete in crisi e un eccentrico proprietario di club privé, suoi amici d’infanzia.
Un film che esplora l’intimità di un uomo di camorra
“Abbandonando i sentieri più battuti della narrazione criminale del Sud Italia”, spiega il regista Romano Montesarchio, “il film si concentra su un aspetto poco indagato della vita di un uomo di camorra, quello più intimo e privato: la vita all’interno di un bunker. Un microcosmo distintivo e inviolabile che offre rifugio e possibilità d’azione ai boss nonostante la latitanza.”
Montesarchio sottolinea come il film non si focalizzi sulle dinamiche criminali, ma piuttosto sui sogni e sulle visioni del protagonista, immergendosi nell’oscurità del luogo in cui è costretto a rinchiudersi. Il bunker diventa così uno spazio di riflessione interiore per Silvestro, un luogo in cui l’uomo può confrontarsi con se stesso e con i suoi demoni.
Un’analisi introspettiva del mondo criminale
“Glory Hole” si presenta come un film interessante per la sua scelta di focalizzarsi sull’aspetto psicologico e interiore di un uomo di camorra, piuttosto che sulle classiche dinamiche criminali. L’utilizzo del bunker come spazio di isolamento e riflessione apre una finestra sul mondo interiore del protagonista, offrendo una prospettiva inedita sul mondo criminale e sulle sue implicazioni psicologiche.