Un’evasione fiscale stimata in quasi 900 milioni di euro
Un nuovo caso di presunta evasione fiscale sta scuotendo il mondo delle grandi aziende tech, con Google nel mirino delle autorità fiscali italiane. La Guardia di Finanza di Milano ha stimato un’evasione fiscale da parte del colosso di Mountain View per un ammontare di poco meno di 900 milioni di euro. L’Agenzia delle Entrate, sulla base delle verifiche fiscali condotte, ha richiesto a Google il pagamento di oltre un miliardo di euro, comprensivo di sanzioni e interessi.
L’accusa: una “stabile organizzazione immateriale” in Italia
Secondo le indagini, Google avrebbe costituito una “stabile organizzazione immateriale” in Italia, con sede di affari nel capoluogo lombardo, legata alla filiale europea con quartier generale a Dublino. Questa struttura, secondo le autorità fiscali, avrebbe generato un’imposta sui redditi delle società (Ires) non versata per 108 milioni di euro su un imponibile superiore a 400 milioni di euro. Inoltre, l’Agenzia delle Entrate contesta il mancato pagamento di royalties sui beni e servizi immateriali (licenze e software) forniti dalla società irlandese per oltre 760 milioni di euro.
Un precedente nel 2017 e un paragone con Netflix
Non è la prima volta che Google finisce sotto indagine per presunta evasione fiscale in Italia. Nel 2017, la società aveva chiuso le pendenze tributarie versando 306 milioni di euro, sanando situazioni fiscali dei 15 anni precedenti. La nuova inchiesta fiscale ricorda in parte quella condotta su Netflix, che nel 2021 ha pagato 55 milioni e 850 mila euro per sanare una situazione fiscale simile, contestando alla piattaforma streaming la presenza di una “stabile organizzazione occulta” in Italia.
Un caso emblematico nell’era digitale
Questo caso evidenzia le difficoltà nel tracciare e tassare le attività delle grandi aziende tech nell’era digitale, dove le strutture immateriali e i modelli di business transnazionali rendono complesso il calcolo del reddito imponibile in un determinato territorio. La questione della “stabile organizzazione” è al centro del dibattito fiscale internazionale, con l’obiettivo di trovare soluzioni per assicurare una tassazione equa e trasparente delle attività digitali.