Un sogno chiamato cinema
“Il cinema è sempre stato il mio sogno privato”, ha confessato Damien Chazelle, regista e sceneggiatore americano, durante la presentazione del suo film “Babylon” al festival Il cinema Ritrovato di Bologna. La sua passione per il cinema è nata fin da bambino, con i classici film d’animazione Disney come “Cenerentola” e “Peter Pan”, ma ben presto ha capito che il suo destino era legato al mondo del cinema.
Durante l’adolescenza, la sua famiglia si trasferì a Parigi, dove Chazelle ha avuto la possibilità di frequentare le sale cinematografiche con assiduità, nutrendosi di film di ogni genere, non solo blockbuster hollywoodiani, ma anche pellicole italiane, francesi e dell’estremo oriente. “Neppure a Los Angeles c’è una densità di sale cinematografiche come a Parigi”, ha commentato.
Un percorso tra musica e cinema
Nonostante la sua vocazione per il cinema, Chazelle ha inizialmente coltivato un’altra passione: la musica. Ha studiato musica per quattro anni, ispirato dai musicisti jazz, con l’ambizione di diventare un batterista. Tuttavia, la severità del suo maestro e la sua natura competitiva lo hanno portato ad abbandonare la musica, pur riconoscendo l’importanza formativa di quell’esperienza.
In seguito, ha conosciuto il compositore Justin Hurwitz, con il quale ha condiviso un appartamento e ha fondato una rock band. Insieme hanno dato vita a progetti musicali e cinematografici, fino ad arrivare al film documentario musicale che Chazelle ha diretto e per il quale Hurwitz ha composto le musiche.
Il successo internazionale e l’influenza italiana
Il successo internazionale di Chazelle è arrivato con “Whiplash” nel 2014, ma è con “La La Land” del 2017 che ha raggiunto l’apice della sua carriera, vincendo l’Oscar per la miglior regia all’età di 32 anni.
Il suo ultimo film, “Babylon”, ambientato nella Hollywood degli anni ’20, è fortemente influenzato dal cinema italiano, in particolare da “La Dolce Vita” di Federico Fellini. “Cercare di essere italiani è il sogno di molti americani”, ha dichiarato Chazelle, spiegando che il suo film è strutturato in modo simile al capolavoro felliniano, con Los Angeles che diventa una “nuova Roma” nel deserto. Ha inoltre sottolineato l’influenza di altri grandi registi italiani come Visconti e Antonioni, citando le scene di festa e di folla che caratterizzano il suo film, un elemento che secondo lui gli italiani hanno saputo raccontare con maestria.
Un omaggio al cinema italiano
L’ammissione di Chazelle riguardo all’influenza del cinema italiano sul suo lavoro è un segno di rispetto e di ammirazione per una cultura cinematografica ricca e innovativa. Il riferimento a “La Dolce Vita” non è solo un omaggio formale, ma evidenzia un’attrazione profonda per l’estetica e la narrazione del cinema italiano, che ha saputo catturare l’immaginario di un giovane regista americano.