L’assoluzione dopo tre mesi di arresti domiciliari
Nuccia Miccichè, ex direttrice del carcere minorile Beccaria di Milano, è stata assolta dall’accusa di corruzione dalla Corte d’Appello di Caltanissetta. La sentenza, emessa con la formula “perché il fatto non sussiste”, ribalta la decisione di primo grado del Tribunale di Caltanissetta che l’aveva condannata per istigazione alla corruzione.
L’ex direttrice era stata posta agli arresti domiciliari il 22 ottobre 2015, su richiesta della Procura distrettuale di Caltanissetta, rimanendovi per tre mesi in seguito a un’ordinanza cautelare emessa dal gip. L’accusa nei suoi confronti era di aver favorito una cooperativa e un’associazione culturale durante la sua direzione del carcere minorile di Caltanissetta.
Il percorso giudiziario e la sentenza di primo grado
Il processo contro Miccichè è iniziato con l’accusa di corruzione, ma in primo grado il Tribunale di Caltanissetta l’aveva assolta da tale accusa. Tuttavia, la stessa sentenza l’aveva condannata a due anni e otto mesi di reclusione per il reato di induzione indebita, successivamente riqualificato in istigazione alla corruzione.
La Corte d’Appello, con la sua sentenza di assoluzione, ha ritenuto che le prove presentate dall’accusa non fossero sufficienti a dimostrare la colpevolezza di Miccichè.
Un caso giudiziario complesso
L’assoluzione di Nuccia Miccichè dalla Corte d’Appello rappresenta un punto di svolta in un caso giudiziario complesso che ha visto l’ex direttrice del Beccaria di Milano al centro di un’indagine per corruzione. La sentenza della Corte d’Appello, che ha ribaltato la decisione di primo grado, solleva interrogativi sul peso delle prove presentate e sulla valutazione complessiva del caso da parte dei giudici.