Un ricordo commosso e un mito che cresce
“Io mi dico è stato meglio lasciarci/ che non esserci mai incontrati”: sono state queste le ultime parole di Fabrizio De André, tratte dalla canzone “Giugno 73”, a risuonare sul piazzale davanti alla Basilica di Nostra Signora dell’Assunta il giorno del suo funerale, nel gennaio di 25 anni fa. La basilica era gremita come non mai, il piazzale affollatissimo, persone di tutte le età che avevano “incontrato” la sua voce, le sue parole, le sue melodie e non le avevano più abbandonate. Né lo avrebbero fatto in seguito.
In questi 25 anni, il mito di Faber è cresciuto ulteriormente, nuove generazioni si sono aggiunte alle vecchie nel culto di un artista che continua a dire qualcosa di autentico.
“Il nostro amico fragile”: un omaggio a Faber al Nervi Music Ballet Festival
Mercoledì 3 luglio, Faber sarà celebrato al Nervi Music Ballet Festival in uno spettacolo dal titolo “Il nostro amico fragile”, ideato da Antonella Riboldi Brunamonti con la direzione artistica di Massimo Arduino e la conduzione della nipote Alice De André.
Fra gli ospiti previsti figurano Cristiano De André, la danzatrice Eleonora Abbagnato, il Mito New Trolls, Dolcenera, Morgan, Anais Drago, Andrea Filippi, i Trilli, Enzo Paci, l’ensemble vocale del Liceo Pertini, Narima Academy, i Cluster, Tommaso Coletto.
Un artista colto e riservato
Artista colto, squisitamente genovese nella sua riservatezza, conscio delle sue qualità ma anche dei suoi limiti, De André ha affrontato tematiche e impostato architetture compositive che ne hanno fatto un apripista. Non è stato un poeta (lui stesso rifiutava l’etichetta autodefinendosi cantautore), tuttavia ha scritto testi letterariamente pregevoli, intrisi di messaggi di carattere universale che ne fanno un prezioso veicolo di idee e di riflessione.
Originale la sua capacità di lavorare in team, individuando, con l’abilità di un vero talent scout, giovani collaboratori, oggi artisti di primissimo piano: uno su tutti, Nicola Piovani.
Un viaggio musicale tra passato e presente
Ultimo trovatore della storia, è partito da ballate di sapore medioevale (le grottesche disavventure di Re Carlo, la dolcezza di Marinella, la bontà dello sfortunato Piero), per poi affrontare temi universali in concept album di forte impatto emotivo: ha celebrato il Cristo uomo nella splendida “Buona novella”, ha esplorato la letteratura americana con “Non al denaro non all’amore né al cielo”, ha rivissuto la tragedia del proprio rapimento in “L’Indiano”.
Sul piano musicale, Fabrizio ha attinto con intelligenza al passato (dalla musica popolare a quella colta con citazioni evidenti da Telemann, Vivaldi, Cajkovskij ecc.), ha usato un’armonia non complessa, si è appoggiato per gli arrangiamenti su musicisti di valore (basta citare Reverberi), ha avuto intuizioni geniali: pensiamo a ‘Creuza de ma’, uno strepitoso viaggio nel Mediterraneo fra colori, timbri, culture, linguaggi differenti e affini.
L’eredità di Faber
A distanza di 25 anni dalla sua scomparsa, l’eredità di Fabrizio De André rimane viva e pulsante. La sua musica, i suoi testi e la sua figura continuano ad affascinare e a ispirare nuove generazioni, dimostrando che la sua arte ha saputo attraversare il tempo e le mode, rimanendo attuale e profondamente umana.