Confermata la condanna a 12 anni
La Corte d’appello di Catania ha emesso una condanna definitiva a 12 anni di reclusione nei confronti di Camillo Leocata, 71enne accusato di tentato omicidio e porto illegale di arma da fuoco. L’uomo è stato riconosciuto colpevole di aver sparato un colpo di pistola al vicebrigadiere dei Carabinieri Sebastiano Giovanni Grasso il 5 settembre 2021, durante una Prima Comunione nella chiesa di Santa Maria degli Ammalati, frazione di Acireale.
La Corte di Cassazione ha rigettato i ricorsi presentati dall’imputato, che aveva sostenuto la tesi dell’eccesso colposo di legittima difesa, e dalla Procura generale di Catania e dalle parti civili sull’esclusione delle aggravanti. La sentenza conferma le pene accessorie e le statuizioni civili, con un risarcimento di 805 mila euro alla vittima della sparatoria e 20mila euro al ministero della Difesa- Comando generale dei Carabinieri.
Leocata, che si trovava agli arresti domiciliari, è stato immediatamente trasferito in carcere. I processi si sono svolti con rito abbreviato, con una condanna iniziale a 17 anni e 4 mesi di reclusione in primo grado.
La dinamica dell’accaduto
Secondo la Procura, la rissa che ha portato alla sparatoria sarebbe nata da una disputa sull’assegnazione dei posti in chiesa per la Prima Comunione, coinvolgendo anche il nipote dell’arrestato, i cui genitori sono separati.
Leocata ha sostenuto di essersi allontanato durante la funzione per andare a casa a prendere la pistola “dopo avere percepito le minacce rivolte al figlio dai parenti dell’ex moglie”. Durante una colluttazione, avrebbe sparato “contro una persona che non ho ben capito che stesse facendo, se colpendo o no mio figlio”. L’uomo ha poi affermato di essere rimasto con la pistola in mano nonostante gli ordini dei Carabinieri di deporla, fino a quando suo figlio non gliela ha tolta di mano.
Il vicebrigadiere Grasso, che era in chiesa per la Prima Comunione del figlio, è rimasto gravemente ferito con danni al canale midollare e a una vertebra cervicale.
Considerazioni
La vicenda evidenzia la gravità di un atto di violenza che si è verificato in un contesto apparentemente tranquillo come una cerimonia religiosa. La condanna definitiva conferma la responsabilità di Leocata nell’accaduto, scardinando la tesi della legittima difesa. L’episodio pone in luce la necessità di un’attenta riflessione sulla gestione delle controversie e sull’uso irresponsabile delle armi, soprattutto in contesti pubblici e in presenza di forze dell’ordine.