Il canto del gallo silenzierà per sempre?
Un pollaio urbano a Mestre dovrà fare a meno del canto del gallo. Il Tar del Veneto ha infatti confermato il divieto di detenzione di galli, stabilendo che nel pollaio potranno razzolare solo galline, con un limite massimo di 50 esemplari. La decisione, come riportato dal Gazzettino, è stata presa “al fine di ridurre per quanto possibile il disturbo degli abitanti delle case vicine”, esasperati dai canti del gallo, che si sarebbero protratti per ben 15 ore al giorno.
La vicenda è iniziata lo scorso dicembre, quando un residente aveva richiesto al Comune l’autorizzazione alla detenzione di pollame, gallo compreso, per l’autoconsumo familiare. L’iniziativa non è stata accolta positivamente dai vicini, che già il giorno successivo hanno presentato un esposto lamentando problemi igienici e rumori provenienti dal pollaio, definendolo “un continuo fastidio fisico-psicologico” e denunciando un “danno biologico”.
La battaglia legale contro il gallo
La decisione del Tar arriva dopo che l’Ulss 3 Serenissima e il Comune di Venezia si erano già pronunciati contro la presenza del gallo nel pollaio urbano. La battaglia legale ha visto la luce a seguito della richiesta di autorizzazione da parte del residente, che aveva intenzione di allevare pollame, gallo incluso, per il proprio consumo familiare. La reazione dei vicini è stata immediata e ha portato alla presentazione di un esposto che ha evidenziato le problematiche legate al rumore e all’igiene del pollaio.
I giudici del Tar hanno accolto le ragioni dei residenti, ritenendo che la presenza del gallo avrebbe generato un disturbo significativo per gli abitanti delle case vicine. La decisione di limitare la presenza nel pollaio a sole galline, con un limite massimo di 50 esemplari, punta a ridurre al minimo l’impatto del pollaio sulla quiete pubblica.
Il diritto alla quiete pubblica vs il diritto alla proprietà
La vicenda del pollaio a Mestre solleva un interessante dilemma tra il diritto alla quiete pubblica e il diritto alla proprietà. Da un lato, è comprensibile la preoccupazione dei residenti per i rumori molesti e il potenziale impatto negativo del pollaio sulla loro qualità di vita. Dall’altro, il proprietario del pollaio aveva il diritto di utilizzare la propria proprietà per scopi personali, come l’allevamento di pollame per l’autoconsumo. La decisione del Tar, pur tutelando la quiete pubblica, potrebbe essere interpretata come una limitazione del diritto di proprietà, sollevando questioni delicate sulla convivenza in contesti urbani.