‘Anti-Gandhi’: carcere per blocchi stradali
L’articolo 11 del disegno di legge sulla Sicurezza, in discussione alla Camera, prevede pene detentive per chi blocca le strade, suscitando forti critiche da parte dell’opposizione che lo ha ribattezzato ‘anti-Gandhi’. La norma prevede il carcere fino a un mese per chi blocca una strada da solo e da sei mesi a due anni se il reato viene commesso da più persone.
La misura è stata approvata in commissione nonostante le proposte di modifica dell’opposizione, che miravano alla sua cancellazione. L’emendamento della Lega che prevedeva il carcere anche per i promotori e gli organizzatori di queste proteste è stato invece ritirato.
Secondo l’opposizione, la norma rappresenta un giro di vite ingiustificato che potrebbe portare alla reclusione anche di studenti che organizzano sit-in pacifici, con un chiaro intento intimidatorio e una limitazione del diritto di protesta.
Critiche e polemiche
“Sono norme pericolose”, hanno tuonato i rappresentanti dell’opposizione, accusando il governo di voler criminalizzare il dissenso pacifico. Il deputato dem Matteo Mauri ha sottolineato come la norma potrebbe portare alla reclusione di studenti che organizzano sit-in davanti alla scuola, mentre il deputato m5s Federico Cafiero De Raho ha parlato di un attacco al diritto di manifestare contro le ingiustizie.
“L’articolo noto come articolo ‘anti-Gandhi’ dispone arresti per chi attua blocchi stradali con resistenza passiva”, ha affermato Devis Dori, capogruppo di Avs in commissione Giustizia alla Camera, definendo la norma una “follia” che comprime il diritto di manifestare.
Altri emendamenti controversi
Oltre alla norma ‘anti-Gandhi’, il ddl sulla Sicurezza contiene altri emendamenti controversi che hanno suscitato polemiche. Tra questi, l’emendamento del governo sulla cannabis light, che ha sollevato preoccupazioni da parte di alcune associazioni di categoria, come Copagri, che temono un rischio per la tenuta di numerose imprese agricole.
La Lega ha invece ritirato una serie di emendamenti, tra cui quello che prevedeva la non punibilità per i pubblici ufficiali che usano armi durante l’adempimento del dovere, nonché l’obbligo di arresto in flagranza per chi indossa caschi o altri oggetti per nascondere il proprio volto durante le manifestazioni.
Restano ancora accantonati gli emendamenti sulla castrazione chimica per gli stupratori e le prediche in italiano nelle moschee.
Un dibattito delicato sul diritto di protesta
La norma ‘anti-Gandhi’ solleva un dibattito delicato sul bilanciamento tra il diritto di protesta e l’ordine pubblico. È importante valutare se la misura sia effettivamente necessaria e proporzionata, evitando di limitare eccessivamente il diritto di manifestare in modo pacifico. La storia ci insegna che la repressione delle proteste può avere conseguenze negative per la democrazia e la libertà di espressione.