La Consulta torna sul ‘suicidio medicalmente assistito’
Mercoledì 19 giugno la Corte Costituzionale è chiamata a pronunciarsi per la seconda volta sul ‘suicidio medicalmente assistito’, dopo il caso di Dj Fabo. Questa volta, la questione riguarda l’interpretazione della sentenza stessa della Consulta, che nel caso di Dj Fabo aveva stabilito che l’accesso legale all’aiuto medico alla morte volontaria fosse possibile solo per persone dipendenti da trattamenti di sostegno vitale.
Il caso di Massimiliano e l’interpretazione ampliativa
Il caso in questione riguarda Massimiliano, un uomo di 44 anni affetto da sclerosi multipla, accompagnato in Svizzera con una disobbedienza civile da Marco Cappato, Chiara Lalli e Felicetta Maltese. Secondo l’Associazione Coscioni, Massimiliano “non era dipendente da un trattamento di sostegno vitale inteso in senso restrittivo (come per esempio la ventilazione meccanica), nonostante fosse totalmente dipendente dall’assistenza di terze persone”.
Il governo si oppone all’interpretazione ampliativa
Il governo si è costituito alla Consulta contro questa “interpretazione ampliativa” della sentenza sul caso Dj Fabo. Se la Corte Costituzionale confermasse questa interpretazione, Cappato, Maltese e Lalli rischierebbero una condanna fino a 12 anni di carcere.
Un’interpretazione complessa
La sentenza della Consulta sul caso Dj Fabo ha aperto un dibattito complesso sul ‘suicidio medicalmente assistito’ in Italia. L’interpretazione della Corte Costituzionale in merito ai requisiti per accedere all’aiuto medico alla morte volontaria è cruciale e potrebbe avere un impatto significativo sul futuro di questa pratica nel nostro paese. Il caso di Massimiliano pone in luce la necessità di una definizione precisa e condivisa di ‘trattamento di sostegno vitale’, tenendo conto delle diverse situazioni cliniche e delle diverse necessità dei pazienti.