Condanne per l’omicidio di Annamaria Burrini
La Corte di Assise di Siena ha emesso la sentenza per l’omicidio volontario di Annamaria Burrini, 81 anni, avvenuto nella sua casa a Siena la sera del 27 settembre 2022. I condannati sono uno zio e un nipote ucraini, rispettivamente di 41 e 27 anni, condannati all’ergastolo e a 24 anni di reclusione.
La sentenza, presieduta dal giudice Fabio Frangini, è stata emessa dopo sette ore e mezzo di camera di consiglio. Il pubblico ministero Sara Faina aveva richiesto l’ergastolo per entrambi gli imputati.
Le accuse e la sentenza
Il dispositivo della sentenza esclude l’aggravante della premeditazione ma conferma l’aggravante del nesso teleologico, secondo cui l’omicidio è avvenuto per raggiungere lo scopo della rapina. Secondo l’accusa, i due uomini avrebbero aggredito l’anziana con l’obiettivo di rubarle una somma di denaro che si riteneva fosse nascosta nella sua abitazione.
Secondo la ricostruzione dell’accusa, i due uomini avrebbero tentato di rapinare l’anziana già ad agosto, ma senza successo. Nel mese di settembre, avrebbero avvicinato l’81enne con la scusa di un finto interesse per l’acquisto di un fondo, riuscendo ad entrare nella sua casa. Una volta all’interno, avrebbero tentato di narcotizzarla con un sonnifero importato dall’Ucraina, versato in un succo di frutta, ma poi l’avrebbero strangolata con un laccio da scarpa, deponendo il corpo sul letto della sua camera.
Il legame tra la vittima e l’assassino
Secondo le indagini, l’uomo di 41 anni sarebbe stato in precedenza ospite in affitto in una stanza della casa di Annamaria Burrini. Questo rapporto di conoscenza avrebbe permesso all’assassino di conoscere la vittima e probabilmente di avere informazioni sulla sua situazione economica.
Un delitto efferato
La sentenza emessa dalla Corte di Assise di Siena conferma la gravità del delitto commesso, un omicidio brutale e premeditato, seppur non in senso stretto, con l’obiettivo di ottenere un guadagno economico. La vicenda evidenzia la fragilità delle persone anziane e la loro vulnerabilità di fronte a crimini violenti, soprattutto quando si affidano alla fiducia di persone che conoscono o che ritengono affidabili.