Fettuccine Alfredo: un piatto romano diventato un classico americano
Le Fettuccine Alfredo, secondo la linguista Sofia Zambelli, prendono il nome dal ristoratore romano Alfredo di Lelio, attivo all’inizio del Novecento. La leggenda narra che di Lelio abbia creato il piatto per la sua moglie, con l’obiettivo di darle energia dopo la gravidanza. La ricetta originale, composta da pasta, burro e parmigiano, ha conquistato il palato della moglie e in seguito anche i clienti del ristorante “Ristorante Alfredo”, attirando celebrità e turisti da tutto il mondo.
Nonostante le radici italiane, le Fettuccine Alfredo hanno raggiunto un’enorme popolarità negli Stati Uniti nel corso del XX secolo, diventando un piatto riconosciuto a livello internazionale con la denominazione “Fettuccine Alfredo” anche in italiano.
Uova alla Benedict: un piatto nato da un mal di testa
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il nome “Uova alla Benedict” non ha alcun legame con l’ordine dei Benedettini. La versione più accreditata attribuisce la creazione a Charles Ranhofer, cuoco del ristorante newyorkese “Delmonico’s”.
Si racconta che un cliente abituale del ristorante, Lemuel Benedict, desideroso di trovare sollievo da un mal di testa, ordinò un piatto composto da uova poché, pancetta e muffin inglesi, il tutto condito con salsa olandese. Questo mix di ingredienti piacque così tanto che entrò a far parte del menù del ristorante, prendendo il nome di “uova alla Benedict” in onore del suo “creatore”.
Caesar Salad: un’insalata nata dall’improvvisazione
La Caesar Salad prende il nome dal ristoratore piemontese Cesare Cardini, che avrebbe creato questa insalata nel 1924, improvvisando con gli ingredienti disponibili in cucina durante un giorno particolarmente affollato nel suo ristorante a Tijuana, in Messico, il “Caesar’s Restaurante-Bar”.
La ricetta originale prevedeva lattuga romana, crostini di pane, parmigiano, uova, succo di limone, olio d’oliva, senape, salsa Worcestershire, aglio e acciughe. La popolarità della Caesar Salad crebbe rapidamente tra i clienti del ristorante, diventando una delle insalate più apprezzate al mondo, ancora oggi chiamata in onore del cuoco italiano.
Pasta alla Norma: un piatto ispirato all’opera lirica
L’origine linguistica della Pasta alla Norma è comunemente attribuita all’opera lirica “Norma” del compositore catanese Vincenzo Bellini.
Esistono due versioni contrastanti sul collegamento tra il piatto e l’opera: secondo alcuni, uno chef catanese creò e servì la Pasta alla Norma in occasione della Prima dell’opera di Bellini alla Scala nel 1831. Secondo un’altra teoria, lo scrittore Nino Martoglio, assaggiando la pasta, avrebbe esclamato: “Questo piatto è una vera Norma”, colpito dalla bontà del piatto e dalla bellezza dell’opera di Bellini.
Filetto alla Wellington: un piatto celebrativo
Il Filetto alla Wellington prende il nome dal famoso duca inglese di Wellington, Arthur Wellesley, in onore della sua vittoria nella battaglia di Waterloo contro Napoleone nel 1815.
Hamburger: un prestito linguistico tedesco
L’Hamburger deriverebbe dalla città di Amburgo, dove all’inizio del XIX secolo si usava servire carne macinata sotto forma di polpette o bistecche. Il piatto fu introdotto negli Stati Uniti a seguito dell’emigrazione tedesca dello stesso periodo.
La parola “Hamburger” è un prestito linguistico dal tedesco, un demotico che indica la provenienza e significa “di Amburgo”. La pratica di mettere la carne tra due fette di pane si diffuse rapidamente negli Stati Uniti nel XIX secolo, dando origine al panino imbottito che conosciamo oggi.
French Fries: un piatto belga con un nome francese
Le French Fries, nonostante il nome, non provengono dalla Francia, ma dal Belgio. Durante la Prima Guerra Mondiale, i soldati americani di stanza nella regione della Vallonia scoprirono questo spuntino di patate fritte.
Il nome “French Fries” potrebbe derivare dal fatto che la lingua dominante nel Belgio meridionale è il francese, oppure dal taglio delle patate “alla francese”. Un’altra teoria suggerisce che il termine “fries” derivi dalla lingua francese, dove “frire” significa “cuocere in olio bollente”.
Insalata Russa: un piatto con origini controverse
L’Insalata Russa, nonostante il nome, non ha un legame stretto con la Russia. Si ritiene che sia stata creata nella seconda metà del XIX secolo da un cuoco belga di nome Lucien Olivier, che gestiva un ristorante a Mosca chiamato “Hermitage”.
La ricetta originale di Olivier includeva patate, carote, piselli, cetrioli sottaceto, uova sode, carne, maionese, olive e prezzemolo. Il piatto è conosciuto con nomi diversi in altri Paesi, come “Italiensk salat” in Danimarca, Norvegia e Finlandia, “Huzarensalade” in Olanda, “Baltasis salotas” in Lituania e “Francuska salata” in Croazia, Slovenia e Ungheria.
Baked Alaska: un dolce con un nome ispirato all’Alaska
L’invenzione del Baked Alaska è generalmente attribuita allo chef francese Charles Ranhofer del Delmonico’s Restaurant di New York City e risale al 1867.
L’origine del nome è incerta, ma secondo alcune teorie, “Baked Alaska” deriverebbe dall’aspetto del dolce, che ricorda un paesaggio ghiacciato: il gelato rappresenterebbe l’Alaska e la meringa la neve. Altri suggeriscono che il nome potrebbe essere stato un omaggio all’acquisto dell’Alaska da parte degli Stati Uniti nel 1867.
Eton Mess: un dessert nato da un disastro
L’Eton Mess, un dolce a base di panna, fragole e meringa sbriciolata, prende il nome dall’unione delle parole inglesi “mess”, che significa “disastro” o “pasticcio”, e “Eton”, uno dei più prestigiosi college del Regno Unito.
Secondo la teoria più famosa, alla fine del XIX secolo, durante una partita di cricket presso la scuola, un cane labrador avrebbe schiacciato una torta Pavlova con fragole e panna. Gli studenti, cercando di salvare il dolce, si accorsero che era ancora ottimo, dando origine al nome “Eton Mess” in riferimento al pasticcio causato dal cane.
La globalizzazione e il patrimonio gastronomico
L’articolo evidenzia come la globalizzazione abbia influenzato il patrimonio gastronomico, con ricette che si sono diffuse in tutto il mondo, assumendo nomi e varianti differenti a seconda del contesto culturale. Questo processo di scambio e di contaminazione culinaria dimostra la complessità e la diversità del patrimonio gastronomico globale, che si intreccia con la storia, la cultura e la lingua di ogni luogo.