Protesta No G7 a Fasano: accuse contro Meloni e i leader del G7
Una protesta del coordinamento No G7 si è tenuta a Fasano, in provincia di Brindisi, con alcuni manifestanti che hanno affisso sui muri una foto della premier italiana Giorgia Meloni a testa in giù con la scritta “Io sono fascista”. La protesta ha visto la partecipazione di diverse decine di persone, tra cui molti giovani studenti, che hanno gridato slogan come “Mai più nella nostra terra” e “Morte a tutti quelli che lo sostengono, Meloni fascista complice sionista”.
I manifestanti hanno anche affisso foto dei leader del G7 con pennarelli rossi sul viso e vicino alle bocche, accusandoli di essere “sporchi del sangue dei popoli”. Sono stati esposti cartelli contro il Primo Ministro indiano Narendra Modi, accusato di “maltrattare le donne e tutto il suo popolo”.
Le motivazioni della protesta
Secondo Bobo Aprile, referente del Tavolo di coordinamento No G7, la protesta si poneva l’obiettivo di opporsi in modo determinato alle guerre e alle politiche sull’immigrazione che definiscono “lager”. Aprile ha invitato la gente a scendere in piazza, dichiarando che la protesta continuerà in tutti i G7 ministeriali futuri.
Un giovane manifestante ha collegato il conflitto russo-ucraino a “schemi della guerra imperialista” legati al capitalismo, menzionando anche la questione palestinese, definendo la situazione in corso dal 7 ottobre come un “genocidio”.
Partecipazione e simbologia
Al corteo hanno partecipato collettivi provenienti da diverse regioni italiane. Tra i manifestanti erano presenti anche gli attivisti tedeschi Debtforclimate, che hanno portato un grande cavallo di Troia in legno, simbolo secondo loro della “colonizzazione dei sud del mondo e il capitalismo”, come già avvenuto durante la prima protesta a Brindisi.
Il corteo ha attraversato il centro cittadino per un percorso di circa tre chilometri.
Proteste e libertà di espressione
La protesta a Fasano solleva questioni importanti riguardo alla libertà di espressione e al diritto di protesta. È fondamentale garantire il diritto di manifestare pacificamente, ma è altrettanto importante condannare qualsiasi forma di incitamento alla violenza o all’odio. La scelta di immagini e slogan offensivi, pur essendo espressione di un dissenso forte, rischia di alimentare l’odio e la polarizzazione, anziché promuovere un dibattito costruttivo.