La Cina minaccia il Wto per i dazi Ue sulle auto elettriche
La Cina ha annunciato di “riservarsi il diritto di ricorrere” all’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) contro i nuovi dazi imposti dall’Unione Europea sulle auto elettriche made in China. Il portavoce del ministero del Commercio cinese, He Yadong, ha definito la mossa di Bruxelles “protezionistica” e ha affermato che il governo cinese “prenderà tutte le misure necessarie per difendere con forza” i diritti e gli interessi delle sue imprese. Tuttavia, Pechino spera ancora in un compromesso entro l’inizio di luglio, prima dell’entrata in vigore delle tariffe.
La Commissione europea, nel piano presentato mercoledì, ha deciso di adottare dazi provvisori e aggiuntivi del 17,4% per Byd, del 20% per Geely e del 38,1% per Saic, sulla base del livello di sussidi statali ricevuti da ogni singola compagnia. Le azioni dei produttori cinesi di e-car hanno comunque registrato guadagni sui listini di Hong Kong e Shanghai, con Byd in testa con un’accelerata del 5,82%.
L’impatto dei dazi sulle aziende cinesi ed europee
La mossa di Bruxelles ha avuto un impatto negativo sui titoli europei, soprattutto dei gruppi che producono o vendono molto in Cina, come Volvo, Porsche, Volkswagen e Renault, tutti con perdite tra il 2 e il 6%. Gli analisti di Citi hanno tuttavia rilevato che le tariffe aggiuntive dell’Ue sono da considerare “generalmente benigne” rispetto alle loro stime del 25%-30%, non sufficienti per far deragliare il settore.
L’analisi di Citi si concentra su Byd, i cui margini lordi superano il 20%, facendone un raro esempio a livello globale di produttore di veicoli elettrici redditizio. La società ha spazi di manovra in mezzo alle guerre dei prezzi e agli aumenti tariffari sul fronte domestico e globale. Secondo le stime di Citi, le esportazioni di Byd in Europa possono gestire un margine di profitto netto dell’8,6%, sulla base della produzione attuale.
L’ascesa delle auto elettriche cinesi e la strategia di espansione globale
Le case automobilistiche cinesi hanno venduto più delle loro controparti Usa per la prima volta nel 2023: i marchi mandarini sotto la guida di Byd hanno venduto 13,4 milioni di nuovi veicoli, contro gli 11,9 milioni di brand come Ford e Chevrolet, in base ai dati di Jato Dynamics. Le vetture nipponiche hanno mantenuto la leadership, precedendo quelle europee.
L’espansione globale delle case automobilistiche cinesi è una tendenza in crescita. Byd si è impegnata a costruire un nuovo stabilimento di veicoli elettrici in Ungheria dopo averne aperto già uno di autobus elettrici. Geely possiede la Volvo e ha iniziato a spostare la produzione di alcuni veicoli dalla Cina al Belgio. La creazione di fabbriche locali potrebbe essere “la soluzione definitiva” per i produttori cinesi nel lungo termine, secondo Nomura.
Possibile escalation commerciale o compromesso? Le ipotesi future
La Cina potrebbe rispondere all’Ue con misure analoghe, ma fonti di settore hanno osservato con l’ANSA che il Dragone potrebbe evitare “di alimentare uno scontro che non sarebbe utile alle parti”. Le ultime ipotesi vedono le industrie del Dragone, secondo le indiscrezioni del Global Times, raccogliere elementi per presentare la richiesta formale alle autorità di indagini antidumping sull’import di carne di maiale e antisovvenzioni sui prodotti lattiero-caseari provenienti dall’Ue.
La situazione rimane comunque incerta. La minaccia di una guerra commerciale tra Cina ed Europa è reale, ma la speranza di un compromesso prima dell’entrata in vigore dei dazi a luglio è ancora viva. Il futuro del settore automobilistico globale dipenderà dalle scelte che saranno prese nei prossimi mesi.
L’equilibrio tra competizione e cooperazione
La situazione attuale evidenzia la complessità delle relazioni commerciali globali, caratterizzate da una costante tensione tra competizione e cooperazione. La Cina, con la sua crescente influenza nel settore automobilistico, sta cercando di affermare la sua presenza sul mercato internazionale, mentre l’Ue cerca di proteggere i propri interessi. La soluzione ideale sarebbe un equilibrio che permetta di promuovere la competizione leale e la collaborazione, evitando un conflitto dannoso per tutti.