Un’irriverente parodia di Guerre Stellari
L’Impero di Bruno Dumont è un film che spiazza sin dall’inizio, presentando una sorta di via dadaista a Guerre Stellari. Ambientato in un villaggio di pacifici pescatori sulla costa d’Opale a nord della Francia, il film mescola elementi di fantascienza, surrealismo e teatro dell’assurdo, creando un’atmosfera surreale e divertente.
Tra astronavi che ricordano cattedrali gotiche, spade laser e paramenti sacri, si svolge una storia che vede protagonisti questi pescatori apparentemente insignificanti. Dietro le loro sembianze umane si nascondono due potenti razze extraterrestri, gli “uno” e gli “zero”, in lotta per il dominio del pianeta.
Il figlio del pescatore: l’ago della bilancia
Al centro della contesa, il piccolo Freddy, figlio del pescatore Jony, nato dall’unione tra un extraterrestre e un’umana. Il suo destino determinerà il futuro del pianeta, poiché crescendo diventerà l’ago della bilancia nella lotta tra il bene e il male.
La principessa Jane, dell’impero degli “uno”, viene mandata sulla Terra per salvare gli umani dal male che potrà scatenarsi quando Jony farà crescere il suo erede come sovrano delle forze oscure. Ma sulla terra piomba anche Belzebù in persona, interpretato dal sempre straordinario Fabrice Luchini.
Sesso, mucche e discariche: una commedia spaziale francese
In questa lotta tra extraterrestri, c’è qualcosa di buono: indossando un corpo umano, gli alieni hanno la possibilità di fare sesso, una cosa del tutto nuova per loro. Ne approfitterà Jony prima con Jane e poi con Line, i cui amplessi sono ripresi da Dumont in campi molto lunghi in cui i protagonisti sono poco più di due figurine.
Tra mucche, poliziotti pigri e discariche, questa fantasy-comedy in salsa francese si avvia verso un finale pieno di astronavi e buchi neri. Nel cast, oltre a Fabrice Luchini, troviamo anche Camille Cottin, Julien Manier, Bernard Pruvost e Philippe Jore.
Dumont e la critica al cinema americano
“Ci sono due tipi di cinema oggi, quello europeo e quello americano. Spesso trattano le stesse cose, ma ovviamente con approcci completamente diversi”, afferma Dumont. “Nei miei film ho spesso trattato del bene e del male, ma questa volta volevo affrontarli attraverso il metodo popolare americano di fare cinema con tanto d’intrattenimento e svago. Mi piace il cinema popolare e la mia intenzione non era quella di puntare il dito contro gli americani e dire: ‘Oh, guarda quanto sono stupidi’. Il cinema Usa ha i suoi punti di forza e i suoi difetti, proprio come quello europeo”.
Dumont continua: “I film di Hollywood sono più facili, più accessibili, pongono domande e semplificano le risposte e questo si presenta molto prepotentemente nella fantascienza, un genere che per sua stessa natura fa i conti con grandi idee, metafisica e trascendenza. Lo vedi, ad esempio, in Odissea nello Spazio di Kubrick e anche nei film di Star Wars. La questione dell’infinito è qualcosa che si evoca facilmente quando si impostano le cose giuste nello spazio. Non è complicato. Lo stesso vale per il bene e per il male. Tutto è reso direttamente. Ma nella tradizione europea purtroppo non è affatto chiaro”.
Un’analisi critica del film
L’Impero di Bruno Dumont è un film che non si prende sul serio, ma che allo stesso tempo offre una riflessione profonda sul bene e sul male, sulla natura umana e sulla nostra relazione con l’universo. Il film è un’irriverente parodia del cinema americano, ma anche un’esplorazione originale e personale del genere fantascientifico. Con il suo stile surreale e divertente, Dumont riesce a creare un’opera unica e memorabile che sicuramente lascerà il segno nel panorama cinematografico internazionale.