La Sentenza della Corte d’Appello
La Corte d’Appello di Bari ha emesso la sua sentenza sul caso Lerario-Leccese, riducendo le pene iniziali. Mario Lerario, ex capo della Protezione Civile Pugliese, è stato condannato a quattro anni e quattro mesi di reclusione, mentre Luca Leccese, imprenditore foggiano, è stato condannato a tre anni e tre mesi. Le pene erano state inizialmente di cinque anni e quattro mesi per Lerario e quattro anni per Leccese. Entrambi erano accusati di corruzione, con Leccese accusato di aver pagato tangenti a Lerario in cambio di appalti.
Il Contesto del Caso
Il caso risale al dicembre 2021, quando Lerario fu arrestato in flagranza di reato dopo aver ricevuto una mazzetta da Leccese. Le indagini hanno portato alla luce un sistema di corruzione che avrebbe coinvolto Lerario in cambio di appalti. Oltre a Leccese, anche l’imprenditore Antonio Illuzzi è stato condannato in primo grado (in abbreviato) a cinque anni e quattro mesi per presunte tangenti. Nel procedimento è coinvolto anche l’ex funzionario regionale Antonio Mercurio, che non aveva chiesto riti alternativi e, a marzo, è stato rinviato a giudizio.
Le Difese e le Condanne
Le difese dei due imputati avevano rinunciato ai motivi d’appello. La sentenza della Corte d’Appello conferma la colpevolezza di Lerario e Leccese, ma riduce le pene iniziali. Il caso evidenzia un problema diffuso di corruzione nel settore pubblico, con impatti negativi sull’erogazione di servizi essenziali e sulla fiducia dei cittadini nelle istituzioni.
Riflessioni sul Caso
La sentenza della Corte d’Appello di Bari solleva importanti riflessioni sul tema della corruzione nel settore pubblico. La riduzione delle pene, pur confermando la colpevolezza degli imputati, evidenzia la complessità del fenomeno e la necessità di azioni incisive per contrastare la corruzione e garantire la trasparenza nelle amministrazioni pubbliche.