Un ‘zoom’ molecolare per mappare i geni e i loro interruttori
Un gruppo di ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (MIT) ha sviluppato una nuova tecnica di indagine molecolare che consente di ‘zoomare’ nelle cellule per mettere in correlazione i geni ‘accesi’ con gli interruttori (enhancer) che ne amplificano l’attività. Questa scoperta, pubblicata sulla rivista Nature, apre nuove prospettive per la cura di malattie genetiche, autoimmuni e tumori.
Il genoma umano contiene circa 23.000 geni, ma solo una frazione di questi viene attivata all’interno di ogni cellula in un dato momento. Per scattare un’istantanea dei geni e dei loro interruttori attivi, i ricercatori del MIT hanno pensato di dare la caccia a particolari molecole di RNA, note come enhancer RNA (eRNA), che vengono prodotte quando l’interruttore enhancer interagisce attivamente con il gene bersaglio per amplificarne l’espressione.
Queste molecole di eRNA sono molto sfuggenti, perché vengono prodotte in piccole quantità e hanno breve vita nella cellula. Tuttavia, i ricercatori sono riusciti a catturarle grazie a delle ‘maniglie’ molecolari che permettono di estrarre con successo circa il 10% degli eRNA nelle singole cellule, per poi purificarli, amplificarli e sequenziarli.
Un nuovo approccio per comprendere la complessa rete di elementi regolatori
La tecnica è stata sperimentata su cellule staminali embrionali di topo e ha permesso di determinare in modo dettagliato la tempistica con cui vengono espressi i geni del ciclo cellulare. Inoltre, ha consentito di identificare circa 50.000 possibili correlazioni tra geni ed enhancer che erano finora sconosciute.
Capire quali interruttori entrano in gioco per controllare determinati geni è fondamentale per sviluppare nuove terapie contro malattie che hanno una base genetica. L’anno scorso, per esempio, la Food and Drug Administration statunitense ha approvato la prima terapia genica per l’anemia falciforme che agisce proprio interferendo con l’attività di un enhancer, determinando l’attivazione di un gene per la produzione dell’emoglobina fetale in modo da ridurre la produzione di globuli rossi difettosi.
Applicazioni e prospettive future
Gli stessi ricercatori del MIT, guidati da Phillip Sharp, stanno applicando questo nuovo approccio ad altri tipi di cellule, focalizzandosi in particolare sulle malattie autoimmuni. In collaborazione con il Boston Children’s Hospital, stanno studiando le mutazioni delle cellule immunitarie legate al lupus, molte delle quali si trovano proprio nelle regioni non codificanti del genoma che non contengono geni, ma dove spesso si trovano gli enhancer.
“Non è chiaro quali geni siano influenzati da queste mutazioni, quindi stiamo iniziando a distinguere i geni che questi presunti enhancer potrebbero regolare e in quali tipi di cellule sono attivi questi amplificatori”, spiega il primo autore dello studio, D.B. Jay Mahat. “Si tratta di uno strumento per creare mappe gene-enhancer che sono fondamentali per comprendere la biologia, e anche una base per comprendere la malattia.”
Un passo avanti per la medicina personalizzata
La nuova tecnica di indagine molecolare sviluppata dal MIT rappresenta un passo avanti significativo nella comprensione del funzionamento del genoma e apre nuove prospettive per lo sviluppo di terapie personalizzate. La capacità di identificare con precisione i geni e i loro interruttori apre la strada a nuovi approcci terapeutici mirati a correggere i difetti genetici alla base di diverse malattie. Questa scoperta potrebbe portare a un futuro in cui le terapie saranno personalizzate in base al profilo genetico individuale, aumentando l’efficacia e riducendo gli effetti collaterali.