La stretta di Hong Kong sugli attivisti in fuga
Hong Kong ha intensificato la sua repressione contro gli attivisti democratici fuggiti all’estero, revocando i passaporti a sei persone accusate di crimini legati alla sicurezza nazionale. Tra i colpiti figurano l’ex deputato Nathan Law, il sindacalista Mung Siu-tat e gli attivisti Simon Cheng, Finn Lau, Fok Ka-chi e Choi Ming-da.
Le autorità di Hong Kong hanno accusato i sei di “continuare ad impegnarsi in attività che mettono in pericolo la sicurezza nazionale”, sostenendo che hanno commesso reati come l’incitamento alla secessione, alla sovversione e alla collusione straniera, punibili con il carcere a vita.
Questa mossa segue le taglie da 1 milione di dollari di Hong Kong (128.000 dollari) emesse nel 2023 per 13 attivisti scappati all’estero, tra cui quelli ora colpiti dalla revoca dei passaporti. La legge sulla sicurezza nazionale, introdotta nel 2020, ha fornito il quadro giuridico per queste azioni, consentendo alle autorità di perseguire le persone accusate di crimini legati alla sicurezza nazionale in tutto il mondo.
L’escalation delle tensioni e le reazioni internazionali
La decisione di revocare i passaporti è stata presa nel quinto anniversario degli scontri violenti tra manifestanti e polizia che hanno segnato un punto di svolta nelle proteste pro-democrazia del 2019. Le autorità di Hong Kong hanno avvertito che chiunque offra assistenza finanziaria, alloggi o attività alle persone nominate rischia fino a sette anni di carcere.
La mossa è stata condannata da Stati Uniti e Gran Bretagna, con Londra che ha definito le taglie sui 13 attivisti come “una minaccia alla nostra democrazia e ai diritti umani fondamentali”. Il governatore di Hong Kong, John Lee, ha risposto affermando che gli attivisti ricercati saranno “perseguitati a vita” e ha invitato loro ad arrendersi.
L’impatto della legge sulla sicurezza nazionale
L’imposizione della legge sulla sicurezza nazionale a giugno 2020 ha segnato un punto di svolta nella storia di Hong Kong, modificando profondamente la società e riducendo la protezione legale che un tempo separava la città dalla Cina. La legge ha introdotto una serie di nuove restrizioni e ha consentito alle autorità di perseguire chiunque sia accusato di minare la sicurezza nazionale, anche se si trova all’estero.
La revoca dei passaporti è solo l’ultima dimostrazione della crescente repressione di Hong Kong contro il dissenso, sollevando preoccupazioni sulla libertà di parola e sui diritti umani nella città. La legge sulla sicurezza nazionale continua ad essere un potente strumento per il governo di Hong Kong, che lo usa per reprimere qualsiasi forma di opposizione, sia all’interno che all’esterno dei confini della città.
Un’escalation preoccupante
La revoca dei passaporti agli attivisti in fuga rappresenta un’escalation preoccupante nella repressione del dissenso a Hong Kong. Questo atto mette in evidenza la determinazione delle autorità di Hong Kong di perseguire chiunque sia ritenuto una minaccia alla sicurezza nazionale, indipendentemente dalla loro posizione geografica. La legge sulla sicurezza nazionale, con la sua applicazione retroattiva e la sua portata globale, sta creando un clima di paura e incertezza per gli attivisti democratici, sia a Hong Kong che all’estero.