Sei candidati in lizza, solo un riformista
Il ministero dell’Interno iraniano ha annunciato i sei candidati autorizzati a competere per le presidenziali del 28 giugno. Tra i sei, solo Massud Pezeshkian, deputato di Tabriz ed ex ministro della Salute, rappresenta il campo riformista. Gli altri cinque candidati sono tutti conservatori o ultraconservatori, tra cui il presidente del Parlamento Mohammad-Bagher Qalibaf, il sindaco di Teheran Alireza Zakani, l’ex negoziatore nucleare Said Jalili, il capo della Fondazione dei Martiri Amir Hossein Ghazizadeh Hashemi e l’ex ministro dell’Interno Mostafa Purmohammadi. Le candidature sono state selezionate dal Consiglio dei guardiani della Costituzione, organo non eletto dominato dai conservatori, tra le 80 personalità che si erano presentate.
Esclusi Ahmadinejad e Larijani
L’esclusione di figure di spicco come l’ex presidente Mahmud Ahmadinejad e l’ex speaker del Parlamento Ali Larijani ha suscitato polemiche. Ahmadinejad era già stato escluso dalle presidenziali del 2017 e del 2021, mentre Larijani è considerato un moderato. Il Consiglio dei guardiani della Costituzione non è tenuto per legge a giustificare le proprie scelte.
Le presidenziali del 2021
Le presidenziali del 2021 videro la vittoria di Ebrahim Raisi al primo turno, anche per l’esclusione di tutti i candidati riformisti e moderati da una lista di 592 aspiranti, ridotta dal Consiglio a una rosa di sette candidati finali. Solo il 49% degli iraniani votò, il tasso di affluenza più basso dalla rivoluzione islamica del 1979.
Le sfide per il futuro dell’Iran
L’esclusione di figure di spicco come Ahmadinejad e Larijani, e la scarsa rappresentanza del campo riformista, sollevano dubbi sulla trasparenza e la democraticità del processo elettorale in Iran. È importante osservare come si svolgeranno le elezioni e quali saranno le conseguenze per il futuro del paese, soprattutto in un contesto di crescente instabilità politica ed economica.