Il Csm si schiera contro Ferri: l’Avvocatura dello Stato difenderà la delibera sul ‘fuori ruolo’
Il plenum del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM), presieduto da Fabio Pinelli, ha deliberato a maggioranza di sollecitare l’Avvocatura dello Stato a resistere in giudizio contro il ricorso presentato da Cosimo Maria Ferri al Tar del Lazio. Ferri, ex sottosegretario alla giustizia ed ex leader di Magistratura Indipendente, è stato assolto dal Csm lo scorso 26 marzo nel processo disciplinare per la vicenda ‘hotel Champagne’. Tuttavia, il 17 maggio 2023, il Csm ha disposto il suo collocamento fuori ruolo presso il Ministero della giustizia, decisione che Ferri ora contesta dinanzi al Tar del Lazio.
Alla base della decisione del Csm c’è l’entrata in vigore, dal 21 giugno 2022, della legge Cartabia, la quale ha introdotto paletti alle porte girevoli tra politica e magistratura, stabilendo un periodo di ‘fuori ruolo’ per i magistrati che rientrano dalla politica. Ferri, eletto consigliere comunale alle elezioni amministrative del 2022 nel Comune di Massa Carrara, è stato considerato soggetto a queste nuove norme dal Csm.
Ferri, tuttavia, sostiene che la data da tenere presente non è quella dell’entrata in vigore della riforma Cartabia, ma quella della sua accettazione della candidatura, avvenuta 50 giorni prima, o quella del primo turno delle elezioni amministrative di Massa Carrara, svoltosi il 12 giugno 2022, nel quale risultò eletto consigliere.
Ora, il Tar del Lazio dovrà pronunciarsi sull’applicazione della riforma Cartabia al caso di Ferri, decidendo se la delibera del Csm è legittima o meno.
Le motivazioni del Csm e le argomentazioni di Ferri
La decisione del Csm di sollecitare l’Avvocatura dello Stato a resistere in giudizio si basa sulla convinzione che il caso di Ferri rientri nelle nuove norme introdotte dalla legge Cartabia. La relazione della consigliera Domenica Miele, letta durante il plenum, ha sottolineato come la riforma sia applicabile al caso in questione, in quanto l’entrata in vigore della legge precede la proclamazione degli eletti, avvenuta due giorni dopo il 21 giugno 2022.
Ferri, invece, si appella alla data della sua accettazione della candidatura, precedente all’entrata in vigore della Cartabia, o al primo turno delle elezioni, nel quale risultò comunque eletto. A suo avviso, la riforma non dovrebbe essere applicata al suo caso, in quanto la sua decisione di candidarsi è avvenuta prima dell’entrata in vigore della legge.
Il Tar del Lazio dovrà quindi valutare attentamente le argomentazioni di entrambe le parti, analizzando il testo della riforma Cartabia e la sua interpretazione in relazione al caso specifico di Ferri. La decisione del Tar avrà un impatto significativo sull’applicazione della riforma e sulle future interpretazioni della legge in materia di porte girevoli tra politica e magistratura.
Considerazioni sulla vicenda Ferri e l’applicazione della riforma Cartabia
La vicenda Ferri solleva questioni importanti sull’applicazione della riforma Cartabia e sul delicato equilibrio tra la magistratura e la politica. L’interpretazione della legge, in particolare in relazione alla data da considerare per l’applicazione delle nuove norme, è fondamentale per garantire una corretta applicazione del principio di separazione dei poteri e per evitare possibili conflitti di interesse.
La decisione del Tar del Lazio avrà un impatto significativo su questa questione e potrebbe avere conseguenze importanti per future situazioni analoghe. Sarà interessante osservare come le toghe amministrative si pronunceranno, tenendo conto del contesto normativo e delle argomentazioni di entrambe le parti.