Sparatoria a Milano: confermate le condanne per Baby Gang e Simba La Rue?
Il pubblico ministero di Milano, Daniela Meliota, ha chiesto la conferma delle otto condanne, tra cui quella a 5 anni e 2 mesi di reclusione per il trapper Baby Gang, nel processo d’appello con rito abbreviato con al centro la sparatoria avvenuta nella notte tra il 2 e il 3 luglio 2022 in via di Tocqueville, vicino a corso Como, zona della movida milanese. L’episodio vide coinvolti due senegalesi rimasti feriti.
Oltre a Baby Gang, il cui vero nome è Zaccaria Mouhib, 22 anni, in vetta alle classifiche dello streaming e recentemente tornato in carcere, il pg ha chiesto di confermare le condanne del 15 novembre scorso per l’altro trapper Simba La Rue (6 anni e 4 mesi) e per altri sei componenti della “crew” dei due cantanti, tra cui Faye Ndiaga (5 anni e 8 mesi), colui che materialmente gambizzò i due giovani.
I giudici di primo grado avevano confermato l’impianto accusatorio dell’inchiesta coordinata dal pm Francesca Crupi e condotta da Polizia e Carabinieri, riconoscendo tutte le imputazioni: dalla rapina fino alla rissa, alle lesioni gravi e alla detenzione di arma clandestina.
La difesa: “Non fu rapina, ma un tentativo di difesa”
La difesa, rappresentata dagli avvocati Niccolò Vecchioni, Jacopo Cappetta e Giosuè Naso, ha contestato l’accusa di rapina, sostenendo che il gruppo non avesse intenzione di rubare il “marsupio” ai due senegalesi, ma di difendersi da un’aggressione. Secondo la difesa, il gruppo era in stato di paura, visto che era in corso una faida con un altro gruppo e Simba La Rue era stato quasi ucciso nel giugno del 2022. La difesa ha sostenuto che il gruppo era in stato di difesa, visto che era in corso una faida con un altro gruppo e Simba La Rue era stato quasi ucciso nel giugno del 2022.
Il gruppo aveva portato una pistola, ha spiegato l’avvocato Vecchioni, perché “era in corso da mesi una faida con un altro gruppo”, Simba era stato “quasi ucciso nel giugno del 2022” e si sentivano “tutti dei bersagli”. Altro che rapina, aveva aggiunto il difensore, “quella notte da parte loro ci fu un tentativo di difesa”.
Simba La Rue torna ai domiciliari
Nel frattempo, Simba La Rue, il cui vero nome è Mohamed Lamine Saida, è tornato ai domiciliari. Lo ha deciso il Tribunale del Riesame di Milano, accogliendo l’istanza del suo difensore, l’avvocato Niccolò Vecchioni. Lo scorso aprile, la Corte d’Appello di Milano aveva aggravato la misura cautelare con il carcere per il giovane, perché qualche settimana prima, quando aveva l’obbligo di dimora, era andato al kartodromo di Rozzano, nel Milanese, con alcuni amici e aveva perso il controllo di una vettura schiantandosi contro un palo e poi “dandosi alla fuga”.
Da fine marzo il trapper era anche tornato già ai domiciliari per violazioni delle prescrizioni orarie. I giudici (Gazzaniga-Re-Puccinelli) avevano evidenziato nel provvedimento di carcerazione “reiterate violazioni” gravi e una “totale incapacità di autocontrollo dell’imputato”, già condannato in primo grado a 6 anni e 4 mesi nel processo (oggi udienza di appello a Milano) con al centro una sparatoria vicino a corso Como, avvenuta nel luglio di due anni fa, e a 4 anni in un altro procedimento sulla cosiddetta “faida tra trapper”.
La violenza nel mondo della musica trap
La vicenda giudiziaria di Baby Gang e Simba La Rue solleva ancora una volta il problema della violenza nel mondo della musica trap. È importante ricordare che la violenza non è mai giustificabile, indipendentemente dalle motivazioni. Il mondo della musica trap è spesso caratterizzato da un’atmosfera di rivalsa e di aggressività, che può portare a comportamenti violenti. È fondamentale che i giovani, e in particolare i fan della musica trap, siano consapevoli dei rischi legati alla violenza e che imparino a risolvere i conflitti in modo pacifico. La musica può essere uno strumento di espressione e di comunicazione, ma non deve mai essere utilizzata per incitare alla violenza.