La Corte Ue boccia l’Italia: le società di ecommerce non devono sottostare a obblighi aggiuntivi
La Corte di giustizia europea ha dato ragione ad Airbnb, Amazon, Google e altre società di ecommerce, rigettando la richiesta dell’Italia di imporre obblighi aggiuntivi alle aziende digitali. L’Italia chiedeva alle società digitali l’iscrizione a un registro tenuto dall’Agcom, di fornire documenti periodici sulla propria situazione economica e altre informazioni dettagliate, oltre al versamento di alcuni contributi.
Secondo la Corte, l’Italia avrebbe violato il principio della libera prestazione dei servizi, imponendo oneri amministrativi in più rispetto a quanto previsto dallo Stato Ue in cui le società hanno sede. Le aziende online hanno ricordato nel ricorso di essere soggette principalmente alla normativa dello Stato membro in cui sono stabilite, in particolare Irlanda o Lussemburgo nelle cause in questione.
La Corte Ue ha stabilito che il diritto dell’Unione osta a misure come quelle dell’Italia. In base alla direttiva sul commercio elettronico, spetta allo Stato membro di origine della società che fornisce i servizi online disciplinarne la prestazione. Gli Stati membri di destinazione dei servizi sono tenuti a rispettare il principio di reciproco riconoscimento, senza limitare la libera prestazione dei servizi.
Le richieste dell’Italia sono state adottate nel 2020 e nel 2021 per garantire, secondo quanto asserito, un’adeguata ed efficace applicazione del regolamento che promuove equità e trasparenza per gli utenti commerciali dei servizi di intermediazione online. L’intervento della Corte Ue chiarisce ora che la direttiva sul commercio elettronico “osta a misure adottate da uno Stato membro” per questo scopo dichiarato.
“Uno Stato membro non può imporre obblighi aggiuntivi a un fornitore di servizi online stabilito in un altro Stato membro”, hanno stabilito i giudici a Lussemburgo. E “l’Italia non può imporre ai fornitori di servizi stabiliti in altri Stati membri obblighi aggiuntivi che, pur essendo necessari per la fornitura di tali servizi in quel Paese, non sono imposti nel loro Stato membro di stabilimento”.
Le società coinvolte nella sentenza
Le cause riunite nella sentenza riguardano nel dettaglio Airbnb Ireland, Amazon Services Europe, Expedia, Google Ireland e Eg Vacation Rentals Ireland, e Amazon Services Europe.
Un passo indietro per la regolamentazione del digitale in Italia
La sentenza della Corte Ue rappresenta un passo indietro per l’Italia nella regolamentazione del mercato digitale. L’obiettivo del governo italiano era quello di garantire un’adeguata ed efficace applicazione del regolamento che promuove equità e trasparenza per gli utenti commerciali dei servizi di intermediazione online. Tuttavia, la Corte ha ritenuto che le misure italiane fossero eccessive e in contrasto con il principio della libera prestazione dei servizi. Questo significa che l’Italia dovrà rivedere la sua strategia per regolamentare il settore del commercio elettronico, cercando di trovare un equilibrio tra la tutela degli utenti e la libertà di mercato.