Una vita avventurosa, da marchese a paracadutista
Philippe Leroy, nato a Parigi nel 1930, era un uomo di mille vite. Erede di una famiglia aristocratica, disdegnò il titolo di marchese e si imbarcò come mozzo su una nave per l’America, ispirato da Joseph Conrad. Tornato in patria, si arruolò nella Legione Straniera, combattendo in Indocina ed Algeria. Dopo aver raggiunto il grado di capitano, abbandonò la vita militare per dedicarsi ad altri mestieri: dal circo al pilota di bob, fino alla navigazione. Fu un parente a spingerlo verso il cinema, e Jacques Becker lo scelse per il suo film “Il buco”, lanciando la sua carriera.
Il successo in Italia e l’adozione di Cinecittà
L’aria pesante della Francia pre-indipendenza d’Algeria spinse Leroy a trasferirsi in Italia, dove trovò un’accoglienza calorosa e una serie di opportunità. Vittorio Caprioli e Franca Valeri lo aiutarono a entrare nel mondo del cinema italiano, dove si distinse per il suo portamento aristocratico e la sua aria da gentiluomo. Da Riccardo Freda a Giancarlo De Bosio, da Gianni Puccini a Luigi Zampa, Leroy trovò sempre un ruolo adatto, spesso come “villain” spietato e freddo.
Il successo con “Sette uomini d’oro” e la svolta televisiva
Il 1965 fu un anno cruciale per Leroy: il suo ruolo nel film “Sette uomini d’oro” di Marco Vicario lo consacrò come un’icona del cinema italiano. La sua interpretazione del cervello di una banda di rapinatori lo rese un volto noto al grande pubblico, e lo consacrò come un attore versatile, capace di interpretare ruoli diversi, dal gentiluomo raffinato all’antagonista spietato. La televisione gli offrì poi una seconda svolta: nel 1971, interpretò Leonardo da Vinci nello sceneggiato omonimo di Renato Castellani. Il suo ruolo di Yanez de Gomera nel “Sandokan” di Sergio Sollima, nel 1976, lo consacrò come una vera star, amato da milioni di spettatori.
Una vita intensa, tra cinema, teatro e paracadutismo
Leroy ha lavorato con i più grandi registi, interpretando ruoli diversi, da preti a ufficiali, da ex-nazisti a personaggi storici. Ma la sua vita non si è limitata al cinema: dopo i 50 anni, si dedicò con passione al paracadutismo, effettuando oltre 2000 lanci. La sua vita era ricca di interessi: scriveva poesie, dipingeva, costruiva mobili. La sua ultima casa, un “borgo incantato” sulla via Cassia, era un riflesso della sua personalità: un luogo pieno di vita, dove il legno e la natura erano protagonisti.
Un mito con la voce roca e il fisico scolpito
Con la scomparsa di Philippe Leroy, il cinema italiano perde un grande interprete, un uomo di grande fascino e talento. La sua voce roca, il fisico scolpito, il distacco elegante con cui raccontava la sua vita da eroe conradiano, lo hanno reso un’icona indimenticabile. La sua eredità artistica e umana continuerà a ispirare generazioni di spettatori e cinefili.
Un’icona del cinema italiano
La scomparsa di Philippe Leroy rappresenta una perdita significativa per il cinema italiano. La sua carriera, ricca di ruoli memorabili e di collaborazioni con i più grandi registi, lo ha reso un’icona del cinema italiano. La sua versatilità, la sua capacità di interpretare ruoli diversi, dal gentiluomo raffinato all’antagonista spietato, lo hanno reso un attore amato dal pubblico e apprezzato dalla critica. La sua eredità artistica continuerà a vivere attraverso i suoi film, che continueranno ad affascinare e a ispirare le nuove generazioni.