L’Alta Corte: composizione e nomina
La bozza della riforma della Giustizia, presentata oggi in Consiglio dei Ministri, introduce un nuovo organo giudiziario: l’Alta Corte. Questa Corte sarà composta da 15 giudici, nominati secondo un sistema misto che prevede elezione, sorteggio e requisiti di esperienza.
Tre dei giudici saranno nominati dal Presidente della Repubblica tra professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati con almeno venti anni di esercizio. Altri tre giudici saranno estratti a sorte da un elenco di soggetti in possesso dei medesimi requisiti, compilato dal Parlamento in seduta comune entro sei mesi dall’insediamento del nuovo organo.
La composizione dell’Alta Corte prevede inoltre la presenza di sei magistrati giudicanti e tre requirenti, estratti a sorte tra gli appartenenti alle rispettive categorie, con almeno venti anni di esercizio alle funzioni giudiziarie e che svolgono o abbiano svolto funzioni di legittimità.
Competenza e impugnazione
L’Alta Corte avrà competenza per giudicare in prima istanza su determinate materie, non ancora definite nella bozza della riforma. La novità principale è rappresentata dal fatto che le sentenze emesse dall’Alta Corte in prima istanza potranno essere impugnate soltanto dinanzi alla stessa Corte, che giudicherà senza la partecipazione dei componenti che hanno concorso a pronunciare la decisione impugnata.
La possibilità di impugnazione per motivi di merito, non solo di forma, rappresenta un elemento di novità rispetto al sistema giudiziario attuale. Inoltre, la Corte sarà l’unica ad avere competenza per l’impugnazione delle proprie sentenze, creando un sistema a due gradi di giudizio interno all’organo.
Considerazioni sulla riforma
La proposta di riforma della Giustizia, con l’introduzione di un’Alta Corte, solleva una serie di questioni cruciali. La combinazione di elezione, sorteggio e requisiti di esperienza nella nomina dei giudici potrebbe creare un sistema complesso e potenzialmente soggetto a interpretazioni. L’unicità della Corte per l’impugnazione delle proprie sentenze potrebbe generare un’eccessiva concentrazione di potere in un unico organo. È necessario un dibattito pubblico approfondito e trasparente per valutare gli effetti di questa riforma sull’indipendenza e l’efficienza del sistema giudiziario italiano.