La Cedu condanna l’Italia per violazione della privacy di Bruno Contrada
La Corte Europea dei Diritti Umani (CEDU) ha condannato l’Italia per violazione del diritto al rispetto della vita privata di Bruno Contrada, ex agente segreto. La sentenza, emessa il [inserire data], riguarda l’intercettazione delle conversazioni telefoniche di Contrada nel 2018, nell’ambito del procedimento sull’omicidio di Nino Agostino, in cui l’ex funzionario del Sisde non era imputato.
Secondo la CEDU, la legge italiana non contiene adeguate garanzie per proteggere dal rischio di abuso le persone destinatarie di queste misure. In particolare, queste persone non hanno la possibilità di rivolgersi a un’autorità giudiziaria per ottenere un effettivo riesame della legalità e della necessità della misura. Di conseguenza, non possono ottenere un’adeguata riparazione se i loro diritti sono stati violati.
La Corte ha riconosciuto a Contrada un risarcimento morale di novemila euro, ritenendo che l’Italia abbia violato l’articolo 8 della Convenzione, secondo cui “ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza”.
Precedenti sentenze e il caso Contrada
La sentenza della CEDU rappresenta l’ennesima condanna per l’Italia in relazione a casi che hanno riguardato Bruno Contrada. Nel 2014, la Corte aveva già condannato l’Italia per la ripetuta mancata concessione dei domiciliari all’ex agente segreto gravemente malato. L’anno successivo, la CEDU condannò lo Stato italiano a un risarcimento di diecimila euro per danni morali perché, secondo la Corte, Contrada non doveva essere né processato né condannato per concorso esterno in associazione mafiosa dato che all’epoca dei fatti contestati (dal ’79 all’ ’88) il reato non era codificato e “l’accusa di concorso esterno non era sufficientemente chiara”.
Nel 2000, Contrada era stato condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, ma dieci anni dopo la condanna fu annullata grazie a una sentenza della CEDU. Questa sentenza, quindi, rappresenta un’ulteriore conferma della critica della Corte europea nei confronti del sistema giudiziario italiano in relazione a casi che riguardano la lotta alla mafia.
Considerazioni
La sentenza della CEDU solleva importanti questioni relative alla tutela della privacy e alla necessità di garantire un adeguato controllo sulle misure di intercettazione. La Corte ha sottolineato l’importanza di un sistema di garanzie che permetta alle persone sottoposte a queste misure di ottenere un effettivo riesame della legalità e della necessità della misura. Questa sentenza dovrebbe spingere il legislatore italiano a rivedere le norme relative alle intercettazioni, garantendo un maggiore equilibrio tra la tutela della sicurezza nazionale e il rispetto dei diritti individuali.