Caos Redditometro: Meloni frena, ma le polemiche restano
A poco più di 24 ore dal caos scatenato dal nuovo redditometro, Giorgia Meloni ha annunciato la sospensione del decreto ministeriale, in attesa di “ulteriori approfondimenti”. La decisione arriva dopo un confronto con il viceministro Maurizio Leo, che si è visto costretto a fare marcia indietro. La premier ha ribadito la volontà del governo di combattere l’evasione dei “grandi evasori”, ma ha assicurato che non si andrà a controllare le spese dei “cittadini onesti”.
La premier si era già affrettata in mattinata, sempre via social, ad assicurare che si sarebbe occupata della vicenda e che avrebbe chiesto lei stessa “delle modifiche se necessario”.
Per tutta la giornata in Parlamento non si parla d’altro, ipotizzando le possibili soluzioni per uscire da un cortocircuito prima di tutto “comunicativo”. Sospensione, abrogazione o modifiche: queste le tre ipotesi che rimbalzano nei capannelli. Maurizio Leo si affaccia velocemente a Montecitorio, attento a non farsi intercettare. Poi va a Palazzo Chigi, a confrontarsi con la premier. Infine la retromarcia che lo espone, inevitabilmente, agli attacchi delle opposizioni.”
Le reazioni politiche
“Una figuraccia”, dice subito per il Pd il responsabile economico Antonio Misiani, chiedendo le “dimissioni” non solo di Leo ma anche del ministro Giancarlo Giorgetti, entrambi “platealmente smentiti” dalla premier.
A chiedere a gran voce di fermare le nuove regole sul redditometro, nonostante i paletti introdotti “a garanzia” dei contribuenti come andava ripetendo Fdi, sono comunque gli alleati di governo. Antonio Tajani punta dritto alla “abolizione” del decreto di Leo, ed è il primo, pochi minuti dopo l’annuncio dello stop, a dirsi soddisfatto perché “Giorgia Meloni ha accolto la nostra proposta di bloccare il redditometro”.
La Lega peraltro chiede un impegno esplicito del governo a “chiarire la portata del decreto ministeriale, confermando il superamento dell’istituto del redditometro”, con un ordine del giorno al decreto Superbonus che poi viene sottoscritto da tutti i deputati di Italia viva. E non si accontenta della mera sospensione: “Non basta, serve il superamento” ribadiscono i leghisti della commissione Finanze”, che poi ottengono parere favorevole al loro odg, sottoscritto infine anche da Fdi.
Mentre Matteo Salvini comunque plaude alla scelta del governo di “stoppare il grande fratello fiscale”.
Il futuro del redditometro
Nel Transatlantico di Montecitorio, affollato per il voto di fiducia, è un continuo scambio tra i parlamentari, tra battute sulla vicenda, dubbi su come uscirne, e preoccupazioni per l’impatto sulla campagna elettorale.
Ora servirà un nuovo decreto ministeriale, che dovrà firmare sempre Leo, per sospendere l’applicazione della nuova versione di uno strumento che è “sempre stato residuale”, precisa nel frattempo il direttore dell’Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini, spiegando che viene “utilizzato dall’amministrazione finanziaria quando non ha alcun elemento per ricostruire il reddito di un contribuente, come nel caso degli evasori totali che non hanno presentato la dichiarazione, non hanno redditi, ma dimostrano di avere una significativa capacità di spesa”. Proprio l’identikit di quei finti nullatenenti indicati dalla premier come “fenomeno inaccettabile”, insomma.
Ma il decreto, ammette Meloni nel video social, “ha creato polemiche”, pure se era un atto dovuto per mettere “un limite al discrezionale dell’amministrazione finanziaria di contestare incongruenze tra il tenore di vita e il reddito dichiarato”. Quindi per ora si ferma tutto. “Nelle more”, fanno sapere dal governo, di una “revisione dell’istituto”. Di cui si parlerà, con ogni probabilità, dopo le europee.
Un passo indietro necessario, ma con molte incognite
La sospensione del nuovo redditometro è un passo indietro necessario per il governo Meloni, che si è trovato a dover gestire una situazione di forte malcontento. Tuttavia, l’incertezza sul futuro dello strumento resta, con la revisione annunciata che potrebbe avvenire solo dopo le elezioni europee. La vicenda solleva dubbi sull’efficacia della comunicazione politica e sulla capacità del governo di affrontare temi delicati come la lotta all’evasione fiscale.