La promessa di Stella e Giulia
“Continuare la battaglia che ha intrapreso papà perché la sua malattia sia riconosciuta come professionale mi sembra il minimo che io possa fare per onorarlo.” Queste le parole di Stella, figlia di Franco Di Mare, in un’intervista rilasciata a La Repubblica.
La giovane donna ha confermato la sua intenzione di proseguire il percorso intrapreso dal padre, con il supporto di Jean Pierre El Kozeh, collega di lunga data con cui Di Mare collaborava. “Con la persona con cui collaborava da anni, Jean Pierre El Kozeh, proseguiremo, come papà ha chiesto, il percorso che aveva intrapreso”, ha aggiunto Stella.
Anche Giulia, moglie di Franco Di Mare, si è detta determinata a portare avanti la volontà del marito. “È una sua volontà testamentaria, gliel’ho promesso prima che andasse via. E l’ha fatto addormentandosi, poco prima ci aveva fatto ridere con la sua solita ironia”, ha dichiarato la donna.
La battaglia per il riconoscimento
Franco Di Mare, giornalista di grande esperienza e stima, è venuto a mancare recentemente dopo una lunga malattia. La sua famiglia ha deciso di portare avanti la sua battaglia per ottenere il riconoscimento della malattia come professionale, convinta che la sua condizione fosse legata all’attività lavorativa svolta.
Il riconoscimento della malattia come professionale è un processo complesso e spesso lungo, che richiede la presentazione di documentazione medica e la dimostrazione di un nesso causale tra la malattia e il lavoro svolto. La famiglia di Di Mare si è detta determinata a intraprendere questo percorso, in onore della memoria del giornalista e per garantire che la sua storia non venga dimenticata.
Un’eredità di giustizia
La decisione di Stella e Giulia di portare avanti la battaglia di Franco Di Mare per il riconoscimento della sua malattia come professionale è un atto di grande coraggio e amore. Il loro impegno non solo onora la memoria del giornalista, ma rappresenta anche un esempio di come la giustizia possa essere perseguita anche dopo la morte. La loro battaglia, oltre a essere una lotta personale, potrebbe portare a un’importante riflessione sul tema della sicurezza dei lavoratori nel campo del giornalismo, un settore spesso esposto a rischi per la salute.